Il nuovo mondo dopo la pandemia: siamo tutti fragili, siamo tutti custodi delle fragilità

Con la consegna ufficiale degli attestati ai partecipanti (foto sopra e sotto), è arrivata al traguardo la prima edizione del Corso di aggiornamento professionale in Management dei sistemi per i servizi sociali e sociosanitari organizzato dal Dipartimento di Economia Aziendale dell’Università di Verona assieme a Uneba Veneto: progettato prima della pandemia, quando già era chiara in Uneba Veneto la necessità di investire sulla formazione, il Corso si è svolto nel pieno della bufera Covid, e dà ora ai partecipanti strumenti per essere protagonisti dell’innovazione nel settore sociosanitario.

E’ già in pieno svolgimento la seconda edizione del corso.

La consegna degli attestati si è svolta in conclusione di “Resilienza ed innovazione: per i servizi sociosanitari è già domani”, convegno di Uneba Veneto e Dipartimento di economia aziendale dell’Università di Verona, il 2 luglio 2021.

Due dei partecipanti al Corso hanno presentato se stessi e il proprio project work: Giulia Segafredo sulla automatizzazione della preparazione dei farmaci in Fondazione Santa Tecla e Fondazione Casa Sant’Antonio Abate; Marko Menzel sulla comunicazione interna in Irpea.

Riconoscere che tutti siamo fragili, e cominciare tutti a prenderci cura gli uni degli altri.

Sono i due pilastri della società post pandemica che ha individuato don Massimo Angelelli, direttore dell’Ufficio di Pastorale della Salute della Conferenza Episcopale Italiana, nel suo intervento a “Resilienza ed innovazione: per i servizi sociosanitari è già domani”.

“La pandemia – ha detto don Angelelli – è stato un gigantesco stress test dell’umanità. Dopo questo stress test nulla può torrnare a essere come prima. L’idea di ritornare al precedente equilibrio è latente, ma estremamente pericolosa. Rischiamo un atteggiamento troppo conservativo del’esistente. E invece nulla è immobile o fisso. Dobbiamo assumere il cambiamento come dimensione necessaria“.

“Dobbiamo assumere una antropologia della fragilità come elemento costitutivo. La fragilità è elemento costituivo di persona e non ha niente di sbagliato. Se la fragilità è protetta, è eterna, come un bicchiere di cristallo posto in posizione di sicurezza”.

“Dobbiamo uscire da noi stessi e recuperare un condizione fortemente prosociale. L’asse portante di una società in cui tutti vogliamo stare un pochino meglio può essere la cura dell’altro, in modo e in ogni luogo. La cura dell’altro può diventare elemento dominante di un nuovo processo sociale”.

La cura dei curanti deve diventare asse portante dell’innovazione nelle nostre strutture”.

RESILIENZA, DALL’INDIVIDUO ALL’ORGANIZZAZIONE

Commitment, cioè un senso di impegno e responsabilità nelle cose, che faccio perché credo che siano utili o importanti per qualcuno o per qualcosa.

Challenge, cioè vivere gli eventi di cambiamento come opportunità di crescita personale e professionale.

Control. cioè credere che gli avvenimenti possono essere influenzati da proprio volere: anche di fronte a situazioni con aspetti immodificabili, non cedere alla passività e al senso di impotenza.

Chi coltiva queste caratteristche lavora per la propria resilienza: lo ha evidenziato Carlo Romanelli di Vivanetworking nella sua relazione al convegno (qui le slide di Romanelli).

Bisogna coltivare la resilienza perchè, ha notato Romanelli, “Non sappiamo quanto siamo resilienti fino a quando non abbiamo bisogno di essere resilienti. Lo scopriamo in quel momento. L’unica strada è allenarsi alla resilienza”.

Fondamentale per la resilienza è la hardiness, il “sistema immunitario esistenziale” .

Ma “non esistono hardiness e resilienza senza reti di sostegno. Da soli non siamo niente”, ha aggiunto Romanelli. Parallelamente, “sono le persone resilienti  a costruire organizzazioni resilienti, non l’inverso”. E una organizzazione resiliente si fonda su quattro pilastri: hardiness, potenziale personale, ottimismo realistico (cioè, ha detto Romanelli, la capacità di non catastrofizzare), engagement (cioè coinvolgimento).

GLI INTERVENTI DEGLI OSPITI

Da sinistra: Giorgio Mion, mons.Giuseppe Zenti, Francesco Facci

“Oggi vogliamo cogliere segni della capacità di innovare che è già in essere nel settore sociosanitario”, afferma Giorgio Mion.

“Mi auguro – dice Daniela Maellare, assessore ai servizi sociali del Comune di Verona- che per le case di riposo il futuro sia più sereno e ci sia più ‘serenità’ nell’acquisizione delle professionalità che oggi mancano: penso anzitutto agli infermieri. Mi auguro che ci siano leggi che consentano anche di assumere manodopera dall’estero, riconoscendone i titoli”.

“Questo convegno apre uno scenario di speranza: auspichiamo di trarne spunto per migliorare le nostre collaborazioni reciproche”, ha detto Raffaele Grottola, direttore dei servizi socio sanitari della Ulss 9.

Nel suo appassionato intervento al convegno, il vescovo di Verona mons.Giuseppe Zenti ha invitato a superare la distinzione tra pubblico e privato e guardare invece al valore sociale delle opere, dagli enti di assistenza alle scuole.

Un ringraziamento alle aziende Harmonie Care, Cba e Bottoni per il sostegno al convegno

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